Pradi de Tognola è un antico insediamento rurale composto da alcune casère, da stalle e da fienili. Naturalmente non tutte le strutture possono essere visitate, alcune infatti sono di proprietà privata. È possibile visitare, durante l’estate, alcuni stalli con la guida di chi sorveglia il sito. Il biglietto , lo stesso di tutti i siti ecomuseali ( € 3,00) può essere acquistato anche in loco.
Le costruzioni che si possono visitare appartengono al Parco Paneveggio Pale di San Martino oppure sono gestite dallo stesso in comodato d’uso. Come accaduto per altri luoghi simili, senza l’intervento di ristrutturazione gli stalli, costruiti per la gran parte in legno e quindi per loro natura facilmente esposti alla passaggio degli anni, sarebbero stati inghiottiti, come pure i prati, dal bosco e dalla sua inesorabile avanzata.
Partiamo dall’esterno. Guardandoci attorno dobbiamo sforzarci di immaginare, per visitare e comprendere questa realtà, un paesaggio in cui, invece del bosco, è il prativo a dominare; il bosco è presente in alcune aree, ma a delineare il nostro orizzonte visivo ci sono tutta una serie di costruzioni rurali alcune isolate, altre associate come queste a Tognola, tutti i rustici sono circondati dal prato, da alcuni alberi da frutto e possono essere più o meno lontani dall’acqua che scorre inesorabilmente verso il basso.
La casèra, che ospita le maestranze del Parco che si occupano della manutenzione del territorio e chi si occupa dell’apertura estiva del sito, è stata ricostruita mantenendo rigorosamente per l’esterno i tratti dell’architettura originaria. All’interno possiamo affermare che “si è evoluta”, offrendo a chi la occupa, la possibilità di usufruire dell’ acqua corrente anche calda (tutto il sito di villaggio Tognola è stato dotato di elettricità), di una cucina economica con camino che porta il fumo all’esterno, di una cucina a gas, di lavandino, frigorifero e naturalmente dei servizi igienici (doccia compresa). Sono inoltre stati progettati alcuni mobili per la conservazione dei beni di uso quotidiano, uno spazio apposito permette inoltre di poter pranzare all’interno della struttura. Tutto quanto è stato descritto non era ovviamente presente nella casera ai tempi in cui il villaggio brulicava di persone, partendo dalla primavera.
Per capire com’era la vita nella casera possiamo dunque spostarci per visitarne una che è rimasta pressoché immutata sin da quando è stata costruita (la casera de Tita, il suo ultimo proprietario). Dall’esterno presenta i movimenti di assestamento tipici delle costruzioni in legno; alle finestre ci sono dei serramenti modificati rispetto alla tradizione, così come in origine, non era previsto l’uso del vetro per le finestre spesso sostituito da una rete metallica, erano invece quasi sempre presenti le inferriate. Le finestre sono dunque piccole così come la porta d’entrata. Entriamo e notiamo che larga parte dello spazio di questa prima stanza è occupato dal focolare (arin), in questo caso si tratta di un fuoco rialzato da terra, in altri il fuoco è a livello del terreno , con una piccola buca a contenerlo. Attorno al fuoco ci sono delle piccole panche per sedersi e sopra l’immancabile catena alla quale è attaccato “el candrol” il paiolo per fare la polenta, o per cuocere altri cibi. Per posare altri tipi di pentole direttamente sopra la fonte di calore ci si serve di tripodi e oggetti similari, appositamente realizzati a mano. Il fumo prodotto dal focolare esce dalla stanza attraverso gli interstizi che si trovano tra un tronco e l’altro e attraverso lo spazio che delimita il congiungimento parete- tetto, lo si nota facilmente, in quanto ha annerito tutti i tronchi (gli stelari) nel suo percorso verso l’uscita. Nell’area antistante il focolare è stato costruito un piccolo soppalco per riporre gli oggetti, nello spazio residuo si vedono le scandole (tegole in legno) che coprono il tetto della costruzione. Accanto alla porta si trova una piccola scansia a parete e un “piano lavoro” anche questo a parete. Il pavimento qui è rivestito con delle assi in legno, più di frequente nelle varie casere si trovava la terra battuta. Nella seconda stanza della casera si trova la camera da letto, scaldata con una stufa (con carica sulla parete accanto al focolare) chiamata “el fornel a musat” perché la sua forma ricordava il dorso di un asino. Un letto che solitamente ospitava le persone più anziane o i genitori, gli altri avrebbero dormito nel fienile, ricavando il proprio giaciglio sui cumuli di fieno, e poi a terra “la busa delle patate”, un alloggio che sotto il pavimento ospitava i tuberi seminati sui prativi, o altri generi alimentari, la temperatura, mantenuta costante dalla terra che l’attorniava, impediva ai tuberi di gelare o di germogliare. Accanto al focolare si trovano degli stanzini che potevano servire come ricoveri per i vari attrezzi di uso quotidiano oppure per la conservazione di latte, formaggi e altro di più uso più frequente quando fossero assenti all’esterno gli appositi stalli per immagazzinare il formaggio. Questi piccoli edifici (i caseloti) qui a Tognola sono presenti accanto a quasi tutti le casere, e venivano svuotati del loro contenuto quando si decideva di portare a valle il formaggio per venderlo o per barattarlo con altri generi necessari al sostentamento familiare.
L’altra casera aperta alla visita si trova accanto a quella di servizio, e qui, oltre alle strutture presenti in tutte le tipologie, si possono osservare alcuni ammodernamenti apportati nel corso del tempo e una caratteristica del tutto particolare. Tale caratteristica testimonia che in presenza di un gruppo di casere contigue o comunque relativamente vicine, solitamente se ne sceglieva una in cui tutti i proprietari andavano a fare il formaggio, l’attrezzo che convalida quest’ipotesi è la “mussa” un perno in legno dotato di braccio che aiutava a spostare le caldaie colme di latte sul focolare ( qui a livello del terreno) con poca fatica e dare il via così al processo di cagliatura. Gli ammodernamenti sono ben visibili: è stato introdotto un piccolo tavolo con alcune sedie, solitamente assenti, i pasti venivano consumati infatti consumati seduti sulle panche o sul prato; il soffitto inizialmente aperto per permettere l’uscita del fumo, è stato chiuso con un soppalco di assi, si è quindi costruito un camino in muratura ed è stata introdotta una stufa molto grande con rivestimento in maiolica (queste stufe erano presenti sul mercato dalla fine degli anni cinquanta inizio anni sessanta quando questo stile di vita volge ormai al termine). La stanza destinata al riposo notturno oggi liberata dal letto, ospita una serie di oggetti per la lavorazione del latte (notevoli i secchi in legno) e una originale “meccanizzazione” della zangola (el burcio) per la lavorazione del burro.
Rimangono da visitare la stalla e il fienile, in questo caso essi si presentano sovrapposti, la stalla ad occupare il piano inferiore, ben protetta dalle intemperie, anche perché la parete rivolta a montagna è costituita da un interrato; al suo interno potevano essere ospitate le vacche di più proprietari disposte sui diversi lati, con una carriola si provvedeva a rimuovere il letame dai canali di scolo scavati a terra, e attraverso una botola del soffitto il fieno poteva essere agevolmente calato dal sovrastante fienile pronto per essere distribuito nelle mangiatoie. Il fienile, anche qui probabilmente una multiproprietà risulta essere opportunamente arieggiato al fine di preservare la qualità del foraggio, i cumuli di fieno dati dalla sovrapposizione dei diversi tagli stagionali raggiungevano grandi altezze, e donavano all’ambiente quel profumo assolutamente unico.