Un’analisi storica e linguistica sui quattro Drammi Sacri è stata svolta da Valeria Zugliani (ricercatrice, laureata in filologia) ed esposta durante il seminario del 16 dicembre 2016 (testo di prossima pubblicazione intitolato: I Drammi Sacri del Vanoi: analogie, differenze, spunti di riflessione). Riportiamo uno stralcio del suo intervento:

«Dopo aver compiuto un’attenta lettura dei drammi citati ed avendo raccolto diverse informazioni relative alla messa in scena vera e propria, tenendo presenti le linee guida espresse dal filologo friulano [Albino Zenatti, Rappresentazioni sacre nel Trentino, Arnaldi Forno Editore, Ristampa anastica 1883], si possono evidenziare alcune caratteristiche che accomunano i drammi del Vanoi:

  • Arco temporale: sia i manoscritti originari che le prime rappresentazioni documentate, risalgono tutte al XIX secolo.
  • Contesto geografico: ogni paese portava in scena con orgoglio il proprio dramma. A Ronco si rappresentava il Giudizio Universale, a Canale Il martirio di S. Bartolomeo e a Prade La Passione e La tragedia di Godimondo.
  • Allestimento: erano messi in scena all’aperto nei pressi della chiesa o della piazza principale.
  • Costo: erano gratuiti, agli spettatori veniva chiesta un’offerta per sostenere le spese (invito all’elemosina.
  • Temi: venivano rivisti in chiave popolare temi portanti della cristianità quali la salvezza eterna, la dannazione, il peccato, la lotta tra bene e male. Oltre a ciò c’era spazio per episodi della vita di Cristo, santi e martiri. Fonti d’ispirazione per questi drammi erano alcuni libri della Bibbia (ad esempio i Vangeli e l’Apocalisse) e la Legenda Aurea di Jacopo da Varazze.
  • Attori: rigorosamente gente del paese. Spesso le parti venivano tramandate da padre in figlio.
  • Ruolo del curato: era il regista, colui che adattava il testo in base alle esigenze dell’epoca, sceglieva gli attori e dirigeva la rappresentazione. Era il promotore del dramma legato alla propria “chiesa”, motivo di prestigio e di vanto per la comunità ed egli stesso. Va detto che erano frequenti le diatribe tra i curati dei paesi, sorte per invidia e gelosia.
  • Lingua: solitamente venivano scritti in italiano elevato. Veniva sfruttato il potere evocativo del linguaggio, in grado di trasportare il pubblico in una dimensione solenne e superiore rispetto alla quotidianità. A livello grammaticale si possono individuare degli errori dovuti principalmente alle interferenze dialettali (raddoppiamento consonantico mancato o usato in modo improprio, utilizzo scorretto della punteggiatura, degli accenti, degli apostrofi e delle maiuscole).
  • Finalità: si può dire che fosse triplice.
    1. Catechetica e moralizzatrice: i drammi dovevano educare il popolo ed indirizzarlo verso una condotta virtuosa. Spesso si ricorreva all’uso della paura come mezzo per terrorizzare i fedeli, utilizzando scene ad effetto, impattanti e violente, con la presenza di mostri e diavoli.
    2. Devozionale: essendo una particolare manifestazione del sacro, per mezzo delle sacre rappresentazioni si scongiuravano eventi negativi per la comunità (calamità, carestie ed alluvioni, fenomeno che colpì intensamente il Vanoi nel passato).
    3. Identitaria: ogni paese portava in scena un testo diverso ed avere il proprio dramma di riferimento era motivo d’orgoglio per gli abitanti. La rappresentazione era un evento che doveva accrescere l’unione e il senso di comunità tra la gente.

Nonostante questi aspetti comuni, ogni dramma presentava determinate peculiarità sia per quanto riguardava la resa scenica, sia per quanto riguardava il testo ed il suo linguaggio. Segue dunque una breve presentazione di ciascuna opera, dove sono stati messi in evidenza gli aspetti principali legati sia alla rappresentazione che al manoscritto originale.»

LA TRAGEDIA DI GODIMONDO

A Prade la lotta tra il Bene e il Male è rappresentata attraverso le avventure dei cavalieri Godimondo e Fortunato, le cui anime vengono contese tra angeli e demoni. I due protagonisti, in base alle loro scelte di vita, si trovano destinati alla salvezza oppure alla dannazione eterna. Questo è un dramma dove sacro e profano si mescolano, che ripropone in chiave popolare le tematiche centrali della cristianità: il peccato, la conversione, il perdono e la dannazione.
Da sempre Godimondo è l’opera simbolo di Prade e può vantare una tradizione secolare. La prima rappresentazione attestata risale al 28 febbraio 1878, seguita da altre il 4 marzo 1878, il 17 aprile 1911, e poi ancora nel 1921, 1932, 1948, 1962 e 1978. La si metteva in scena durante la Quaresima, come invito alla purifiazione, in attesa della Pasqua. Dal 1988 viene riproposta ogni dieci anni in estate, con uno slittamento dalla funzione originaria alla proposta turistica. In origine la si rappresentava all’aperto, sul sagrato della chiesa. Questo era un appuntamento importante per la comunità, al quale assistevano tutti, dai bambini agli anziani. La sua funzione principale era ammonire gli spettatori: impressionare i più piccoli affinché si comportassero bene e sanzionare pubblicamente quegli adulti che non fossero stati virtuosi.

VITA, MARTIRIO E MORTE DEL GLORIOSO APOSTOLO S. BARTOLAMEO

San Bartolomeo, patrono di Canal San Bovo, veniva omaggiato in diversi modi dagli abitanti del paese. Oltre che di statue e dipinti nelle chiese e degli a reschi popolari, il Santo fu protagonista di una tragedia che ne metteva in scena vita e martirio. Dal 1810 al 1829, questa passione si rappresentò probabilmente a Canal di Sotto, nei pressi dell’antica chiesa intitolata al Santo e poi distrutta da una violenta alluvione.
Rifacendosi alla vita di San Bartolameo narrata da Jacopo da Varazze nella sua Legenda aurea, il dramma ripercorre la vita dell’apostolo giunto ad Albano in Armenia per di ondere il cristianesimo. Nonostante le ostilità da parte di Astiage e degli altri sacerdoti, il Santo riesce a convertire l’intera famiglia reale e molte altre persone. Nulla sembra fermarlo nel suo intento di salvare la gente dalle menzogne del paganesimo, neppure la morte crudele e dolorosa alla quale viene destinato: Bartolameo sarà scuoiato vivo e poi decapitato.
La prima rappresentazione risale al 6 maggio 1810. In seguito il damma fu messo in scena il 7 giugno 1812, il 28 giugno 1818, il 26 agosto 1878, il 29 settembre 1878 ed il 26 agosto 1881. Dopo di che se ne perdono le tracce. Negli anni Cinquanta Guido Zortea raccolse un libretto gettato sulle rive del torrente Vanoi. Da qualche anno è nata la volontà di riproporre questa tragedia.

IL GIUDIZIO UNIVERSALE

Con questo Dramma a Ronco, ad inizio Novecento, veniva portata in scena la fine del mondo. Il dramma, rappresentato sulla piazzetta vicino alla chiesa del paese, coinvolgeva un centinaio di persone tra attori e comparse. La trama è ricca e complessa: facendo dei riferimenti all’Apocalisse di S. Giovanni, vengono presentati una serie di tumulti, eccidi, miracoli, per terminare con Cristo impegnato a giudicare tutte le anime. La sua sentenza irrevocabile condannerà all’inferno la turba dei rei, mentre destinerà alla salvezza eterna le anime degli eletti.
Le testimonianze scritte riguardo questo testo sono scarse, bisogna pertanto darsi ai ricordi tramandati dagli anziani del paese, che raccontano come fosse una rappresentazione straordinaria: “gli spettatori sedevano sul prato che si a accia sulla piazza ove era collocato il palco, strutturato su tre livelli: uno per rappresentare il Paradiso, uno per la terra ed uno per l’Inferno. Si trattava di una rappresentazione spettacolare, con gli angeli che scendevano dal campanile”. Leggendo i vari atti, sono numerose le scene di violenza: si pensi agli eccidi decretati dall’Anticristo, oppure alle sette terribili piaghe inflitte da Cristo e dai suoi angeli. Sicuramente, analogamente alle altre tragedie, anche il Giudizio doveva impressionare gli spettatori. Lo scopo resta dunque sempre lo stesso: catechizzare ed impaurire la gente, per condurla verso una corretta condotta.
Non ci sono notizie scritte di date di messa in scena: l’unica data presente nel copione originale si riferisce al 1845, anno di nascita di Giorgio Gobber, maestro elementare a Ronco, probabilmente uno degli attori o regista stesso del dramma.

LA PASSIONE DI CRISTO

Il manoscritto in nostro possesso è incompleto, possediamo infatti solo il testo de “Il Protagonista della Passione ossia la parte di Gesù Cristo”. Sappiamo però che la Passione veniva rappresentata il venerdì santo a Prade. Era una rappresentazione itinerante, forse per quadri, che si dice si spingesse fino al Còl Rattin, sopra l’abitato. L’unica data riportata dal manoscritto, il 5 aprile1891, è anche il solo indizio sull’epoca in cui il dramma potrebbe essere stato rappresentato. Il testo sembra trarre spunto dal Vangelo di Giovanni.
Nonostante l’incompletezza del manoscritto, leggendo le sole battute del protagonista, si può ricostruire facilmente la trama. Il testo è strutturato in quattro atti, nei quali sono narrati gli ultimi tempi della vita terrena di Gesù e la sua passione, uno dei momenti chiave della cristianità. Il copione si apre con Gesù che consola Pietro e Giovanni e prosegue con un intenso dialogo con la madre, dove lo strazio di Maria viene placato dalla dolcezza e serenità del figlio, deciso a realizzare il progetto divino. Vengono quindi alcuni momenti emblematici delle ultime ore di vita di Gesù: la lavanda dei piedi, l’Ultima Cena, la preghiera solitaria nel giardino del Getsemani, il tradimento di Giuda, il processo davanti agli scribi del Sinedrio, capeggiati da Anna e Caifa, l’interrogatorio di Pilato, la flagellazione, la Via Crucis no alla sua crocifissione e morte.
“Nelle tue mani, o Padre, raccomando lo spirito mio (…) Il tutto è consumato”: è la battuta che conclude la parte del protagonista. Oltre ai 42 dialoghi di Cristo sono riportate anche le cosiddette “imbeccate” degli altri personaggi.